Conosciuto anche come "il poverello d'Assisi", la sua tomba è meta di pellegrinaggio per decine di migliaia di devoti ogni anno. La città di Assisi, a motivo del suo illustre cittadino, è assurta a simbolo di
pace, soprattutto dopo aver ospitato i tre grandi incontri tra gli esponenti delle maggiori religioni del mondo, promossi da
Giovanni Paolo II nel
1986 e nel
2002, e da
Benedetto XVI nel
2011. Oggi, S. Francesco d'Assisi è uno dei santi più popolari e venerati del mondo.
L'infanzia
Francesco nacque nel
1182[3] da Pietro Bernardone dei Moriconi e dalla nobile Pica Bourlemont, di origine francese, in una famiglia della borghesia emergente della città di
Assisi, che, grazie all'attività di commercio in
Provenza (Francia), aveva raggiunto ricchezza e benessere. Sua madre lo fece battezzare con il nome di
Giovanni (dal nome dell'
apostolo Giovanni) nella
chiesa costruita in onore del patrono della città, il
vescovo e martire Rufino,
cattedrale dal
1036. Tuttavia il padre decise di cambiargli il nome in
Francesco, insolito per quel tempo, in onore della
Francia che aveva fatto la sua fortuna.
La sua casa, situata al centro della città, era provvista di un fondaco utilizzato come negozio e magazzino per lo stoccaggio e l'esposizione di quelle stoffe che il mercante si procurava con i suoi frequenti viaggi in
Provenza. Pietro vendeva la sua pregiata merce in tutto il territorio del
Ducato di Spoleto in cui all'epoca rientrava anche la città di Assisi.
Le varie
agiografie del santo
[4] non parlano molto della sua infanzia e della sua giovinezza: è comunque ragionevole ritenere che egli fosse stato indirizzato dal padre a prendere il suo posto negli affari della famiglia.
Dopo la scuola presso i canonici della cattedrale, che si teneva nella
chiesa di San Giorgio (dove, a partire dal
1257, venne costruita l'attuale
basilica di Santa Chiara), a 14 anni Francesco si dedicò a pieno titolo all'attività del commercio. Egli trascorreva la sua giovinezza tra le liete brigate degli aristocratici assisani e la cura degli affari paterni.
La guerra
Si ha memoria di una guerra che nel
1154 contrappose Assisi a
Perugia. Tra le due città esisteva una rivalità irriducibile, che si protrasse per secoli. L'odio aumentò con il fatto che Perugia si schierò con i
guelfi, mentre Assisi parteggiò per la fazione
ghibellina. Non fu una scelta felice quella degli assisani in quanto nel
1202 subirono una cocente sconfitta a
Collestrada, vicino Perugia. Anche Francesco, come gli altri giovani, partecipò al conflitto; venne catturato e rinchiuso in carcere. L'esperienza della guerra e della prigionia lo sconvolse a tal punto da indurlo ad un totale ripensamento della sua vita: da lì iniziò un cammino di
conversione, che col tempo lo portò «a vivere nella gioia di poter custodire
Gesù Cristo nell'intimità del cuore»
[5].
La guerra terminò nel
1203 e Francesco, gravemente malato, dopo un anno di prigionia ottenne la libertà dietro il pagamento di un riscatto, a cui provvide il padre. Tornato a casa, recuperò gradatamente la salute trascorrendo molte ore tra i possedimenti del padre. Secondo Tommaso da Celano furono questi luoghi appartati che contribuirono a risvegliare in lui un assoluto e totale amore per la
natura, che vedeva come opera mirabile di
Dio[6].
La conversione
« Alto e Glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio... »
Da un punto di vista storico le circostanze della conversione di san Francesco non sono state chiarite e si hanno notizie solo attraverso le agiografie. Pare che abbia giocato un ruolo la sua volontà frustrata di farsi cavaliere e di partire per la crociata, ma soprattutto un crescente senso di compassione che gli ispiravano i deboli, i reietti, gli ammalati, gli emarginati: questa compassione si sarebbe trasformata poi in una vera e propria "febbre d'amore" verso il prossimo.
Nel
1203-
1204 Francesco pensò di partecipare alla
Crociata e quindi provò a raggiungere a
Lecce la
corte di
Gualtieri III di Brienne, per poi muovere con gli altri
cavalieri alla volta di
Gerusalemme. Partecipare come cavaliere ad una crociata era a quel tempo considerato uno dei massimi onori per i cristiani d'Occidente. Tuttavia, giunto a
Spoleto, si ammalò nuovamente ed ebbe un profondo ravvedimento. Avrebbe raccontato in seguito di essere stato persuaso da due
rivelazioninotturne
[7]: nella prima egli scorse un castello pieno d'armi ed udì una voce promettergli che tutto quello sarebbe stato suo. Nella seconda sentì nuovamente la stessa voce chiedergli se gli fosse stato «più utile seguire il servo o il padrone»: alla risposta: «Il padrone», la voce rispose:
« Allora perché hai abbandonato il padrone, per seguire il servo? »
Francesco rinunciò al proprio progetto e tornò ad Assisi. Da allora egli non fu più lo stesso uomo. Si ritirava molto spesso in luoghi solitari a pregare.
Un giorno a
Roma, dove venne mandato dal padre a vendere una partita di merce, non solo distribuì il denaro ricavato ai poveri, ma scambiò le sue vesti con un mendicante e si mise a chiedere l'elemosina davanti alla porta di
San Pietro.
Anche il suo atteggiamento nei confronti delle altre persone mutò radicalmente: un giorno incontrò un
lebbroso e, oltre a dargli l'elemosina, lo abbracciò e lo baciò. Come racconterà lo stesso Francesco, prima di quel giorno non poteva sopportare nemmeno la vista di un lebbroso: dopo questo episodio, scrisse che
« ciò che mi sembrava amaro, mi fu cambiato in dolcezza d'anima e di corpo »
Ma è nel
1205 che avvenne l'episodio più importante della sua conversione: mentre pregava nella
chiesa di San Damiano, raccontò di aver sentito parlare il
Crocifisso, che per tre volte gli disse: «Francesco, va' e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».
Dopo quell'episodio, le "stranezze" del giovane si fecero ancora più frequenti: Francesco fece incetta di stoffe nel negozio del padre e andò a
Foligno a venderle, vendette anche il cavallo, tornò a casa a piedi e offrì il denaro ricavato al sacerdote di San Damiano perché riparasse quella chiesina. Pietro di Bernardone diventò furente; molti ad Assisi furono solidali con quel padre che vedeva tradite le proprie aspettative: Francesco nella sua eccessiva generosità poteva essere interpretato come uno che dava sintomi di squilibrio mentale e così sicuramente lo intese il padre.
Il processo davanti al vescovo
Il padre cercò, all'inizio, di allontanare Francesco per nasconderlo alla gente. Poi, vista la sua incapacità di fronte all'irriducibile "testardaggine" del figlio, decise di denunciarlo ai
consoli per vietarlo e privarlo, non tanto per il danno poco costoso subito, quanto piuttosto con la segreta speranza che, sotto la pressione della punizione della
condanna dalla città, il ragazzo cambiasse atteggiamento.
Il giovane, però, si appellò ad un'altra autorità: fece ricorso al vescovo. Il processo si svolse così nel mese di
gennaio (o
febbraio) del
1206, nel palazzo del vescovo; «tutta Assisi»
[8] fu presente al giudizio.
Francesco, non appena il padre finì di parlare,
« non sopportò indugi o esitazioni, non aspettò né fece parole; ma immediatamente, depose tutti i vestiti e li restituì al padre [...] e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: "Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d'ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza". »
Francesco diede così inizio ad un nuovo percorso di vita. Il vescovo Guido lo coprì pudicamente agli sguardi della folla (pur non comprendendo a pieno quel gesto plateale). Con quest'atto di manifesta protezione si volle leggere l'accoglienza di Francesco nella
Chiesa.
Il soggiorno a Gubbio
Da uomo nuovo Francesco cominciò il suo viaggio: nell'
inverno 1206 partì per
Gubbio, dove il giovane aveva da sempre diversi amici, tra cui Federico Spadalonga che aveva condiviso con Francesco anche la prigionia nelle carceri di Perugia; Federico lo accolse benevolmente nella sua casa, lo sfamò e lo rivestì. Ospite degli Spadalonga, Francesco «amante di ogni forma di
umiltà, si trasferì dopo pochi mesi presso i
lebbrosi restando con loro e servendo a loro tutti con somma cura.» Si trattava del lebbrosario di Gubbio che era intitolato a
san Lazzaro di Betania, e nel suo
Testamento Francesco disse chiaramente che la vera svolta verso la piena conversione ebbe inizio per lui a
Gubbio, quando si era accostato a queste persone bisognose. Francesco non vi ebbe mai una fissa dimora: solo sette anni più tardi (nel
1213) il
beato Villano, Vescovo di
Gubbio, già Abate benedettino dell'
Abbazia di San Pietro, concesse ai
frati di stabilire una loro sede nell'antica Santa Maria della Vittoria, che la tradizione indica come il luogo in cui Francesco ammansì il famoso lupo.
I primi compagni e la predicazione
Arrivata l'estate e placatosi lo scandalo sollevato dalla rinuncia dei beni paterni, Francesco ritornò ad Assisi. Per un certo periodo se ne stette solo, impegnato a riparare alcune chiese in rovina, come quella di San Pietro (al tempo, fuori le mura), la Porziuncola a
Santa Maria degli Angeli e
San Damiano.
I primi anni della
conversione furono caratterizzati dalla preghiera, dal servizio ai
lebbrosi, dal lavoro manuale e dall'
elemosina. Francesco scelse di vivere nella povertà volontaria, ispirandosi all'esempio di Cristo, lanciando un messaggio opposto alla società duecentesca dalle facili ricchezze. Francesco rinunciò alle attrattive mondane, vivendo gioiosamente come un ignorante, un "pazzo" ovvero un "giullare", dimostrando come la sua obiezione ai valori fondanti della società di allora potesse generare una perfetta letizia. In questo senso il suo esempio aveva un che di sovversivo rispetto alla mentalità del tempo.
Il
24 febbraio 1208, giorno di
san Mattia, dopo aver ascoltato il passo del
Vangelo secondo Matteo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, Francesco sentì fermamente di dover portare la Parola di Dio per le strade del mondo
[9]. Iniziò così la sua
predicazione, dapprima nei dintorni di Assisi. Ben presto altre persone si aggregarono a lui e, con le prime adesioni, si formò il primo nucleo della comunità di frati. Il primo di essi fu
Bernardo di Quintavalle, suo amico d'infanzia. Tra gli altri si ricordano
Pietro Cattani,
Filippo Longo di Atri, frate
Egidio,
frate Leone, frate
Masseo, frate
Elia Bombarone,
frate Ginepro. Insieme ai suoi compagni, Francesco iniziò a portare le sue predicazioni fuori dall'Umbria.
Secondo le fonti del tempo, le sue sono prediche semplici e di grande presa: quando Francesco parla, riesce a conquistare gli ascoltatori. Nei
Fioretti di San Francesco si narra ad esempio che a "Cannaia" ovvero
Cannara (in alcune trascrizioni "
Carnano")
[10], gli abitanti rimangono affascinati dalle sue parole, a tal punto da suscitare una sorta di
conversione di massa
[11]. È in questa circostanza che Francesco pensa alla creazione del Terz'Ordine oggi denominato
Ordine Francescano Secolare. In alcune versioni più tardive dei Fioretti al posto di "
Carnano" o "Cannaia" (ovvero
Cannara) si legge "Savurniano"
[12] ma si tratta molto probabilmente di una trascrizione errata dettata da forme
campanilistiche del tempo
[13]. Secondo un'interpretazione che associa la nascita del
Terz'Ordine Francescano al miracolo del "silenzio delle rondini" si può desumere dagli scritti del primo
biografo francescano, frate
Tommaso da Celano, che la fondazione (o almeno la promessa) da parte di San Francesco di istituire il Terz’Ordine Francescano è stata fatta nel
1212 ad
Alviano, un borgo tra
Orte ed
Orvieto, poco distante da
Todi. La stessa esegesi è possibile farla nella "
Legenda Maior" di
San Bonaventura[14].
L'approvazione del Papa
Nel
1209, quando Francesco ebbe raccolto intorno a sé dodici compagni, si recò a
Roma per ottenere l'autorizzazione della regola di vita, per sé e per i suoi frati, da parte di
papa Innocenzo III. Dopo alcune esitazioni iniziali
[15], il Pontefice concesse a Francesco la propria approvazione orale per il suo «Ordo fratum minorum»: a differenza degli altri ordini
pauperistici, Francesco non contestava l'autorità della Chiesa, e la considerava come "madre", e le offriva sincera obbedienza. Francesco era la personalità ideale per Innocenzo, che poteva finalmente incanalare le inquietudini e il bisogno di partecipazione dei ceti più umili nel seno della Chiesa, senza porsi come antagonista ad essa scivolando nell'
eresia.
Del testo presentato al Papa non ci è rimasta traccia. Gli studiosi pensano, tuttavia, che esso consistesse principalmente in brani tratti dal Vangelo, che col passare degli anni, insieme ad alcune aggiunte, confluirono a formare la «Regola non bollata», che Francesco scrisse alla
Porziuncola nel
1221.
Fondazione dei primi Conventi
Di ritorno da Roma, i frati si installarono in un "tugurio" presso
Rivotorto, sulla strada verso
Foligno, luogo scelto perché vicino ad un ospedale di lebbrosi. Tale posto tuttavia era umido e malsano, e i frati dovettero abbandonarlo l'anno successivo, stabilendosi presso la piccola badia di
Santa Maria degli Angeli, sulla pianura del
Tescio, in località
Porziuncola. Abbandonata in mezzo al bosco di cerri, venne concessa a Francesco e ai suoi frati dall'Abate di
San Benedetto del Subasio[16].
Vocazione di Chiara e fondazione dell'Ordine femminile
Questa nuova «forma di vita» attirò anche le donne: la prima fu
Chiara Scifi, figlia del nobile assisiate Favarone di Offreduccio. Nella notte della
Domenica delle Palme del
1211 (o del
1212), a
Santa Maria degli Angeli, chiese a Francesco di poter entrare a far parte del suo ordine, e quella stessa notte ricevette l'
abito religioso dal santo. Francesco la sistemò per un po' di tempo prima presso il monastero benedettino di
Bastia Umbra, poi in quello di Assisi. In seguito, quando altre ragazze (fra cui anche la sorella di Chiara, Agnese) seguirono il suo esempio, presero dimora nella chiesetta di San Damiano e diedero inizio a quello che in futuro saranno le clarisse, in cui si distingueranno sante come
Caterina da Bologna,
Camilla da Varano,
Eustochia da Messina. Negli stessi anni diede vita al
convento di Montecasale, dove insediò una piccola comunità di seguaci e dove ripetutamente farà poi sosta nei suoi viaggi.
Ben viva era all'epoca la vicenda dei
catari, eretici che predicavano un dualismo Bene/Male portato alle estreme conseguenze. Essi avevano avuto numerosi focolai nella vicina Toscana e si erano ridotti alla clandestinità dopo la sanguinosa
crociata albigese del
1209. Francesco avrebbe potuto essere scambiato per un cataro per la sua povertà e la predicazione ai ceti subalterni. Ma Francesco e i suoi seguaci si distinguevano in molteplici aspetti: innanzitutto essi non mettevano in dubbio la gerarchia della Chiesa. Francesco stesso infatti insisteva sulla necessità che si amassero e si rispettassero i sacerdoti. Portato una volta davanti a un prete che viveva notoriamente in peccato, forse affinché cadesse in contraddizione (se egli non lo avesse denunziato si sarebbe potuto dire che era suo complice, se egli lo avesse fatto si sarebbe detto che Francesco non rispettava la gerarchia), Francesco si limitò a baciare le mani di quel sacerdote, "che toccano il corpo di Gesù Cristo". Inoltre Francesco non si rifiutava di mangiare alcuni cibi rifiutati dai catari (come carni, latte, uova), anzi accettava tutto quello che gli veniva offerto. Infine la differenza tra l'avversione al "mondo della Materia" (il creato) dei catari e l'amore per tutte le manifestazioni di vita di Francesco non poteva essere più stridente. Lo stesso
Cantico delle creature può essere letto come un perfetto trattato di teologia anti-catara
[17]. In tal caso il valore da attribuire alla preposizione "per" sarebbe quello di "complemento d'agente" (Laudato sii mi' Signore per (da) tutte le creature). Comunque il suo amore per la natura e gli animali (come la leggendaria predica agli uccelli in località Piandarca sulla strada che da
Cannara si dirige a
Bevagna) erano superati solo dall'amore verso gli esseri umani: la pace interiore per Francesco non era una semplice serenità, ma non poteva prescindere dalla capacità di amore, di perdono e la gioia di vivere.
Crescita dell'ordine e viaggio in Egitto
Col tempo la fama di Francesco crebbe enormemente e crebbe notevolmente anche la schiera dei frati francescani. Nel
1217 Francesco presiedette il primo dei
capitoli generali dell'Ordine, che si tenne alla Porziuncola: questi sorsero con l'esigenza di impostare la vita
comunitaria, di organizzare l'attività di preghiera, di rinsaldare l'unità interna ed esterna, di decidere nuove
missioni, e si tenevano ogni due anni. Con il primo fu organizzata la grande espansione dell'ordine in
Italia e furono inviate missioni in
Germania,
Francia e
Spagna.
Nel
1219, si recò ad
Ancona per imbarcarsi per l'
Egitto e la
Palestina, dove da due anni era in corso la
quinta crociata. Durante questo viaggio, in occasione dell'assedio crociato alla città egiziana di Damietta, insieme a
frate Illuminato ottenne dal legato pontificio (il benedettino portoghese
Pelagio Galvani, cardinale vescovo di Albano), il permesso di poter passare nel campo saraceno ed incontrare, disarmati, a loro rischio e responsabilità, lo stesso
sultano ayyubide al-Malik al-Kāmil, nipote di
Saladino. Lo scopo dell'incontro era quello di potergli predicare il vangelo, al fine di convertire il sultano e i suoi soldati, e quindi mettere fine alle ostilità.
L'interpretazione del rapporto tra Francesco e l'Islam, e le crociate non è facile ed è ancora oggetto di discussione in quanto c'è contrapposizione tra chi vede la sua azione come un sostegno alle crociate o, al contrario, come una loro sconfessione
[18]. La narrazione dell'incontro ci è pervenuta, oltre che tramite le opere di biografi francescani, anche attraverso altre testimonianze non tardive, sia cristiane sia arabe. La versione fornitaci da San Bonaventura cita maltrattamenti subiti ad opera dei soldati saraceni e la difesa, da parte di Francesco, dell'operato dei crociati e la giustificazione della guerra agli islamici infedeli.
[19][20][21][22]. Nel racconto di Tommaso da Celano, Francesco suscitò profonda ammirazione nel sultano, che lo trattò con rispetto e gli offrì numerose ricchezze. Secondo la narrazione agiografica, Francesco subì anche la prova del fuoco, raffigurata in numerosi cicli dipinti. La pacifica rivoluzione che il nuovo Ordine stava compiendo cominciò ad essere palese a tutti. Iniziarono però anche i primi problemi: Francesco temeva che, ingrandendosi senza controllo, la fraternità dei Minori deviasse dai propositi iniziali
[23]. Per dare l'esempio e per potersi dedicare completamente alla sua missione, nel
1220 Francesco rinunciò al governo dell'Ordine in favore dell'amico e seguace
Pietro Cattani, che però morì l'anno seguente. Al successivo Capitolo Generale (detto «delle Stuoie»,
giugno 1221) venne scelto come vicario
frate Elia. Nel 1223, con la bolla «Solet annuere»,
papa Onorio III approvò definitivamente la «Regola seconda» (che rispetto alla prima è più corta e contiene meno citazioni evangeliche), che fu redatta con l'aiuto del
cardinale Ugolino d'Ostia (il futuro
papa Gregorio IX). La doppia stesura della regola a distanza ravvicinata testimonia un ripensamento a fronte di difficoltà nel progetto; Francesco, pur non condannando in sé né la ricchezza, né la sapienza, né il potere, si rendeva conto che i frati che liberamente avevano deciso di seguirlo e di seguire la sua regola di vita stavano diventando colti e accettavano doni e ricchezze (anche se formalmente questi erano incamerati dalla Santa Sede). Non è difficile immaginare che qualcuno, magari usando la scusa di poter meglio servire il prossimo, avesse richiesto più volte una limatura della regola del 1221 e alla fine Francesco cedette, pretendendo però questa volta una fedeltà assoluta, accettandola "senza commento", cioè senza interpretazioni.
Il presepe vivente
Durante la notte di
Natale del
1223, a
Greccio (sulla strada che da
Stroncone prosegue verso il reatino), Francesco rievocò la nascita di Gesù, facendo una rappresentazione vivente di quell'evento. Secondo le agiografie, durante la
Messa, il putto raffigurante il Bambinello avrebbe preso vita più volte tra le braccia di Francesco
[24]. Da questo episodio ebbe origine la tradizione del
presepe[25].
Le stigmate
da
Cristo prese l'ultimo sigillo
che le sue membra due anni portarno. »
Secondo le agiografie, il
14 settembre 1224[26], due anni prima della morte, mentre si trovava a pregare sul
monte della Verna (luogo su cui in futuro sorgerà l'omonimo
santuario), Francesco avrebbe visto un
Serafino crocifisso. Al termine della visione gli sarebbero comparse le
stigmate: «sulle mani e sui piedi presenta delle ferite e delle escrescenze carnose, che ricordano dei chiodi e dai quali sanguina spesso». Tali agiografie raccontano inoltre che sul fianco destro aveva una ferita, come quella di un colpo di lancia. Fino alla sua morte, comunque, Francesco cercò sempre di tenere nascoste queste sue ferite.
Nell'iconografia tradizionale successiva alla sua morte, Francesco è stato sempre raffigurato con i segni delle stigmate. Per questa caratteristica Francesco è stato definito anche «alter Christus». La condivisione fisica delle pene di Cristo offriva un nuovo volto al cristianesimo, partecipe non più solo del trionfo, simboleggiato dal Cristo in gloria.
Ultimi anni di vita e la morte
Negli anni seguenti Francesco fu sempre più segnato da molte malattie (soffriva infatti di disturbi al
fegato oltre che alla
vista). Varie volte gli furono tentati degli interventi medici per lenirgli le sofferenze, ma inutilmente. Nel
giugno 1226, mentre si trovava alle Celle di
Cortona, dopo una notte molto tormentata dettò il "Testamento", che vorrebbe fosse sempre legato alla "Regola", in cui esortava l'ordine a non allontanarsi dallo spirito originario.
Nel 1226 si trovava a Bogogno, presso Nocera Umbra, egli però chiese ed ottenne di poter tornare a morire nel suo "luogo santo" preferito: la
Porziuncola. Qui la morte lo colse la sera del
3 ottobre[27].
Il suo corpo, dopo aver attraversato Assisi ed essere stato portato perfino in San Damiano, per essere mostrato un'ultima volta a Chiara ed alle sue consorelle, venne sepolto nella chiesa di San Giorgio. Da qui la sua salma venne trasferita nell'attuale
basilica nel
1230 (quattro anni dopo la sua morte, due anni dopo la canonizzazione).
« Laudate et benedicite mi Signore,
et rengratiatelo et serviatelo cum grande humilitate. »
Spiritualità francescana
Il francescanesimo si inserisce in quel vasto movimento
pauperistico del XIII secolo, in uno spirito di riforma volto contro la corruzione dei costumi degli ecclesiastici del tempo, troppo coinvolti negli interessi materiali e politici, nella sanguinosa
Lotta per le investiture. A questo si deve aggiungere la fioritura del
comune: la nascita delle ricche città stato, se da una parte arricchì una parte del popolo, determinò la formazione di quei ricchi ceti mercantili, il cosiddetto popolo grasso, che acquistava potere a scapito della vecchia nobiltà feudale, facendo della vita metropolitana il centro della civiltà, pur lasciandovi dentro larghissime fette del ceto contadino più indigente. Disuguaglianza sociale feroce, ma anche crisi dell'assetto sociale medievale che dovette coinvolgere Francesco in prima persona mentre esercitava la professione di mercante.
"Povertà", "obbedienza" e "castità" sono aspetti fondamentali della vita di Francesco e dei suoi discepoli. Dopo un primo periodo passato in solitudine, Francesco iniziò a vivere la propria vocazione insieme a dei compagni che volevano imitare il suo esempio. L'umiltà e l'ascetismo al quale si accompagnò l'opera del santo gli valse il nome di Imitator Christi ("Imitatore di Cristo"): da qui inizia l'esperienza della "fraternità", nella quale ciascun membro è dunque un imitator Francisci("Imitatore di Francesco"), e dunque un imitator Christi. Secondo la regola dettata da Francesco, la vita comunitaria deve cercare di conformarsi a questi principi:
Fraternità: i frati non devono vivere soli, ma devono prendersi cura dei propri fratelli (e in generale di tutti) con amore e dedizione. La stessa cura si estende incondizionatamente non solo alle creature umane, ma a tutto il creato in quanto opera di Dio e dunque sacro, vivendo in questo modo la fraternità universale.
Umiltà: porsi al di sotto di tutto e di tutti, al servizio dell'ultimo per essere davvero al servizio di Dio, liberarsi dai desideri terreni che allontanano l'uomo dal bene e dalla giustizia
Povertà: rinuncia a possedere qualsiasi bene condividendo tutto ciò che ci è dato con tutti i fratelli, partendo dai più bisognosi.
Alla
preghiera e alla
meditazione, la Regola francescana aggiunge lo "spirito
missionario", in conformità ai
precetti evangelici, assumendo una condotta completamente diversa rispetto alla norma seguita fino ad allora. È chiaro come a San Francesco interessassero soprattutto i
ceti sociali più deboli, tendesse con
amore fraterno verso quel "prossimo" spesso respinto e disprezzato dalla
società, cioè verso il
povero, il malato, il perdente, l'ultimo.
Francesco vuole essere il «minore tra i minori» (umile tra gli umili). Si sostiene che egli applicò ai compagni l'appellativo minores, dato in spregio ai popolani dai ricchi, perché lui stesso voleva incarnare la figura di "uomo del popolo". Assisi e Santa Maria degli Angeli furono e sono tuttora il
cuore pulsante da cui parte e a cui ritorna l'attività missionaria di questo nuovo Ordine dei minori, come da allora in poi furono chiamati tutti coloro che seguirono (e che seguono) il
santo fondatore assisano. In questo modo, lo spirito di condivisione è esempio concreto della comunione dell'anima con Dio,
Gesù il Cristo, testimonianza di
fede e di amore
cristiano.
A imitazione dei poveri e dei mendicanti, è l'aspetto itinerante dei francescani, secondo il principio di portare il proprio sostegno materiale e spirituale al prossimo andandogli incontro là dove egli si trova: applicando questa regola alla prima persona Francesco visse e scontò un incessante vagare, portandosi fino ai confini dell'
Europa, sostentandosi del frutto del lavoro che gli veniva offerto per strada e dove questo non fosse possibile, attraverso l'elemosina
[28].
Una vita tra storia e teologia
Francesco d'Assisi e la sua vita sono stati continuamente oggetto di interesse, ispirazione, imitazione, studio, confronto. Questo ha fatto sì che la narrazione biografica della sua vita sia stata connotata — fin dalle prime espressioni all'indomani della sua morte — da una grande varietà di significati e intenzioni, che inevitabilmente hanno indirizzato e influenzato la redazione della sua Vita.
Le notizie sulla vita di Francesco derivano infatti in gran parte dalle prime biografie del santo
[29], dove la narrazione storica e quella teologica sono strettamente legate
[30].
Nel XVI secolo con Frate
Luca Wadding si mossero i primi tentativi di raccogliere documentazione storica su Francesco d'Assisi, cercando di distinguere tra storia e veneranda tradizione. Un momento di svolta in questo processo arrivò nel corso del
XIX secolo, quando lo storico francese
Paul Sabatier avanzò la teoria che tutte le biografie francescane "ufficiali" (quelle di
Tommaso da Celano e, in modo particolare, quella di
Bonaventura da Bagnoregio) sarebbero irrimediabilmente compromesse dall'intenzione "politica" degli autori, mentre più fedeli al "vero Francesco" sarebbero le biografie "ufficiose". In particolare nello Speculum perfectionis, da lui riscoperto, si potrebbe rintracciare la narrazione più affidabile sul santo di Assisi. Tale posizione ha scatenato nel tempo accesi dibattiti, stimolando nel contempo un approfondimento straordinario della ricerca storica su san Francesco.
Secondo lo storico
Franco Cardini è infatti in alcuni casi difficile distinguere tra verità storica e amplificazioni simboliche: è il caso, ad esempio, degli episodi della
predica agli uccelli e dell'incontro con il lupo di
Gubbio. Questi ultimi potrebbero, secondo lo studioso, essere anche intesi come rielaborazioni dell'incontro, storicamente meglio documentato, con il sultano al-Malik al-Kamil, e riproporre il tema dell'incontro con l'"Altro"
[31].
La predica agli uccelli
La
predica agli uccelli è uno degli episodi più famosi dei
Fioretti di San Francesco[32]. Secondo la tradizione, la
predica agli uccelli ebbe luogo sull'antica strada che congiungeva il castello di
Cannara a quello di
Bevagna, nei pressi di Assisi
[33]. Oggi il punto dove San Francesco d'Assisi fece il miracolo è segnalato da una pietra sita in località Piandarca nel Comune di
Cannara in un'area ancora oggi incontaminata, raggiungibile attraverso un sentiero che inizia appena fuori il paese e si snoda attraverso i campi. Nei pressi della pietra e lungo l'attuale strada che porta a
Bevagna (la SP403) è edificata anche una piccola
edicola a ricordo del
miracolo. Più che la cronaca di un avvenimento, le
agiografie descrivono un passo di vera
poesia:
« ...et venne fra Cannaia et Bevagni. E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via, in su' quali era quasi infinita moltitudine d'uccelli. E entrò nel campo e cominciò a predicare alli uccelli ch'erano in terra; e subitamente quelli ch'erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi, mentre che santo Francesco compié di predicare (...) Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della croce e diè loro licenza di partirsi; e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti, e poi secondo la croce c'aveva fatta loro santo Francesco si divisoro in quattro parti (...) e ciascuna schiera n'andava cantando maravigliosi canti »
(da I fioretti cap. XVI di San Francesco d'Assisi secondo la versione in Umbro volgare del XIV secolo conservati negli Archivi del Sacro convento di
Assisi)
Il lupo di Gubbio
La tradizione francescana ci ha tramandato la vicenda di un feroce lupo che terrorizzava la città di Gubbio. L'intervento di San Francesco consentì di concludere una sorta di patto di pace fra il lupo e la città: l'animale depose la sua ferocia, mentre i cittadini si impegnarono a nutrirlo ogni giorno. Secondo la narrazione, il paese si legò così tanto all'animale che, quando questo morì, i cittadini se ne dispiacquero profondamente.
L'Ordine francescano
Francesco d'Assisi realizzò tre
ordini riconosciuti dalla Chiesa cattolica esistenti tutt'oggi e aventi Costituzioni proprie.
Il primo ordine è quello dei
frati minori. La loro vita è ancora oggi ispirata dalla Regola bollata approvata dal papa
Onorio III nel
1223[34]. In sèguito a ottocento anni di una storia molto complessa, al giorno d'oggi l'originario Ordo Minorum si divide in tre rami principali: i
Frati Minori (originati dagli Osservanti e altre riforme, ma che comunque mantengono il sigillo dell'OFM), i
Frati Minori Conventuali e i
Frati Minori Cappuccini (detti un tempo Frati Minori della Vita Eremitica). Oltre a queste tre diramazioni storiche, vi sono oggi altre fondazioni minori che si ispirano a san Francesco e alla sua Regola. Ciascuno dei tre Ordini ha la sua propria organizzazione e struttura legale, ma tutti hanno in comune san Francesco come loro "padre" e fondatore.
Il secondo ordine è quello delle
Clarisse fondato da
Chiara d'Assisi, la quale ha redatto una Regola propria. È costituito da suore di clausura e attualmente è presente in tutto il mondo. Analogamente al primo ordine, anche le discepole di santa Chiara hanno subìto un percorso storico piuttosto articolato e oggi i monasteri clariani sono raccolti in diverse "obbedienze".
Il terzo ordine nacque per i laici, o meglio per i secolari, cioè coloro che, pur non entrando in convento, vivono nelle loro famiglie la spiritualità francescana. Oggi è chiamato
Ordine Francescano Secolare (OFS). Parte integrante di esso è la
Gioventù Francescana (Gi.Fra.): un'associazione, riconosciuta dalla Chiesa (o, come si definiscono, «fraternità»), di giovani cattolici che condividono e vivono il Vangelo e il loro essere francescani nel mondo di oggi, sul posto di lavoro o nello studio. Oltre a questi, abbiamo anche il Terzo Ordine Regolare (T.O.R.), costituito - appunto - da "regolari" cioè religiosi che, nel corso della storia, sono divenuti tali a partire da fraternità di laici intenzionati a condurre una vita di consacrazione totale. Mentre nei primi secoli l'Ordine è fortemente caratterizzato da un'incidenza della fraternità, nei secoli successivi sarà più la testimonianza di singoli importanti personaggi a esprimere il valore del vivere la penitenza nel secolo. Questo non significa che l'incidenza della fraternità sia minore; ne è la prova il fatto che ogni regime oppressivo, fino a oggi, ha visto sempre con grande preoccupazione questa sorta di ordine "religioso" presente nel mondo.
Basti pensare anche a tempi vicini a noi, alla soppressione delle Fraternità del Terz'Ordine Francescano operata da Napoleone, alla proibizione durante il regime nazista di riunirsi in Fraternità, simile a quella vigente fino a pochi anni fa in tutti i paesi dell'Est.
Per interpretare le intenzioni di san Francesco e adattare il suo ideale alle mutevoli realtà dei tempi, a partire dal duecento la Chiesa ha continuamente emesso documenti relativi alla vita della fraternità francescana, da Onorio III fino a
Paolo VI, che ha approvato l'ultima regola dell'OFS (
1978) attualmente in vigore.
Il culto
Papa Gregorio IX lo
canonizzò il
16 luglio 1228, soltanto due anni dopo la morte. Per questo motivo, il processo di canonizzazione è stato uno dei più rapidi della storia della Chiesa cattolica. La canonizzazione di Francesco è riportata in modo molto dettagliato nella "Vita Prima" di
Tommaso da Celano.
San Francesco è stato ed è tutt'oggi uno dei santi più amati dalla gente, specialmente per il suo spirito di umiltà e povertà. Nei luoghi dove ha trascorso la sua vita sono nati dei santuari, i principali dei quali sono:
Chiesa di Santa Maria della Vittoria - Convento della Vittorina - a
Gubbio, detta anche
Porziuncola Eugubina
Sacro Ritiro di Bellegra (Rm), noto come "Nido dei Santi", perché qui hanno vissuto, in odore di santità, numerosi frati, rifondato da San Tommaso da Cori, compatrono della città di Roma e di Bellegra.
Chiesa di San Francesco ad Alatri, in stile gotico, nella quale viene conservato un mantello che sarebbe stato donato personalmente dal Santo, nel 1222, ai confratelli dello scomparso monastero di Sant'Arcangelo.
È da ricordare inoltre la Via Francescana della Pace, un percorso attrezzato tra le colline di Assisi e Gubbio, che riproduce fedelmente il viaggio che fece Francesco scappando dalla terra natìa ostile verso l'ospitalità Eugubina, il Cammino di Francesco nella Valle Santa di
Rieti, dove è possibile ripercorrere i luoghi degli episodi che hanno caratterizzato la vita del 'Poverello' e il Cammino francescano nella Marca, itinerario che ripercorre i maggiori centri attraversati durante i suoi viaggi nelle Marche del sud.
Molte reliquie del Santo vengono oggi venerate in Italia e nel Mondo.
Il
3 ottobre viene celebrato il "transito", ovvero un momento di preghiera teso a ricordare la morte del Serafico Padre attraverso letture tratte dalle
Fonti Francescane e dalla
Bibbia.
Opere
Le opere scritte da san Francesco si possono suddividere in:
Regole ed Esortazioni
Lettere
Lodi e Preghiere
Quasi tutti questi scritti sono stati dettati dal santo (e perciò non autografi), però la loro attribuzione non sembra essere messa in dubbio dagli studiosi.
Regole ed esortazioni
Regola non bollata (
1221), che riprende in larga parte l'originale regola (andata perduta) che Francesco mostrò a
papa Innocenzo III nel
1210. Questa regola è molto ricca di citazioni evangeliche, ed è la prima regola scritta del santo che ci è pervenuta.
Regola bollata (
1223): riduzione in forma più concisa della precedente regola (comprende solo 12 capitoli e sono stati tagliati molti passi evangelici), venne presentata al
papa Onorio III, che l'approvò il
29 settembre 1223 con la bolla Solet annuere.
Testamento (1226): scritto probabilmente alle Celle di Cortona, preceduto dal Piccolo Testamento redatto a Siena nell'aprile 1226, in questo breve opuscolo Francesco rievoca tutta la sua vita, le cui tappe sono state vissute dal santo come un dono del Signore (è frequente infatti l'espressione: «Il Signore mi diede...»). In esso Francesco esorta i propri frati a vivere la Regola, che adesso egli lascia loro in eredità.
Regola di vita negli eremi (scritto tra il 1217 e il 1221)
Scritti alle "povere signore": i testi di queste due lettere (Forma di vita e Ultima volontà) sono ricavate dalla regola di
Santa Chiara.
Ammonizioni: raccolgono 28 pensieri di Francesco, che secondo gli storici potrebbero essere delle conclusioni di alcune conversazioni dei capitoli celebrati dai frati. Esse trattano vari argomenti, fra cui spiccano i commenti alle
Beatitudini.
Lettera ai fedeli: ne esistono due recensioni. La più antica, che è anche la più breve, consta di due capitoli: Di coloro che fanno penitenza (che si avvicina molto alla forma di vita originale del santo) e Di coloro che non fanno penitenza. Nella seconda lettera, più lunga, vengono approfondite alcune tematiche della vita penitenziale.
Identiche tematiche si trovano nella Lettera ai reggitori dei popoli, nelle due Lettere ai custodi e nella Lettera a tutto l'Ordine.
Lettera a frate Leone, autografa di Francesco, oggi conservata in un reliquiario nel duomo di
Spoleto.
Lettera ad un ministro (scritta tra il 1218 e il 1221)
Lettera a donna Jacopa: il testo è però di dubbia identificazione. Dalle agiografie si legge che Francesco, pochi giorni prima di morire, avesse fatto scrivere questa lettera per domandare a donna
Jacoba de septem Soliis ("dei sette Sogli") di portargli una tunica, la cera per la sepoltura ed anche dei dolcetti. Prima che la lettera venisse inviata, però, lei stessa si presentò nella casa dove si trovava Francesco con tutto quanto egli aveva richiesto.
Lodi e preghiere
Saluto alle virtù
Lodi di Dio Altissimo, autografo di Francesco, cui segue la Benedizione a Frate Leone, conservati nella Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi.
Audite, poverelle (Parole con melodia), indirizzata alle suore di San Damiano, scritta in lingua volgare. Questa opera, la cui esistenza è testimoniata dalle agiografie, è stata ritrovata solo di recente e pubblicata nel
1977.
Lodi per ogni ora
Esortazione alla lode di Dio
Parafrasi del Padre Nostro
Preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano
Absorbeat
Della vera e perfetta letizia
Ufficio della Passione del Signore
In passato gli è stata attribuita anche la
Preghiera semplice, ma tale attribuzione si è dimostrata erronea.
San Francesco nell'arte
Nella letteratura
Dante Alighieri ricorda la figura di Francesco, guida della sposa di Cristo, nell'XI canto del Paradiso e descrive le sue "nozze mistiche" con Madonna Povertà, che
« ...privata del primo marito
millecent'anni e più dispetta e scura
fino a costui si stette senza invito »
(vv.64-66)
e che prima di morire affida ai suoi discepoli:
« a' frati suoi, sì com'a giuste rede
raccomandò la donna sua più cara
e comandò che l'amassero a fede »
(vv.112-114)
Nella pittura
San Francesco ha ispirato numerosi pittori:
Giotto, nella Basilica di San Francesco d'Assisi.
Guercino, San Francesco riceve le stigmate.
L'esempio francescano che sottolineava la compassione verso la sofferenza di Cristo impose una nuova raffigurazione del Crocifisso: non più il Cristo triumphans, cioè trionfante (da occhi aperti e in ieratica assenza di pena), ma il Cristo patiens, cioè sofferente, col capo reclinato in una smorfia di dolore e il corpo morto, cadente. Il cosiddetto
Maestro bizantino del Crocifisso di Pisa fu forse il primo artista a portare in Italia questa rappresentazione, che venne poi sviluppata, su commissione dei francescani stessi, da
Giunta Pisano, da
Cimabue e da
Giotto e i
suoi seguaci.
Nel cinema e nella televisione [
modifica]
San Francesco ha ispirato numerosi registi:
1880: Preludio per il Cantico del Sol di San Francesco d'Assisi S.499a per pianoforte o organo, Franz Liszt (Raiding 1811- Bayreuth 1886)
1880: Cantico del Sol di San Francesco d'Assisi S.4 per Orchestra, Organo, Coro Maschile e Baritono solista (in 2 versioni), Franz Liszt (Raiding 1811- Bayreuth 1886)
1881: Cantico del Sol di San Francesco d'Assisi S.499, trascrizione per pianoforte, Franz Liszt (Raiding 1811- Bayreuth 1886)
1863: Leggenda N°1 San Francesco d'Assisi: la predicazione agli uccelli S.175/1 per pianoforte, Franz Liszt (Raiding 1811- Bayreuth 1886)
1924: Le Laudi di San Francesco d'Assisi. Der Sonnengesang des heiligen Franziskus von Assisi Cantico delle Creature per Coro, Soli, Voci di ragazzi, Organo ed Orchestra, Op. 25, di Hermann Suter, Svizzera (Kaiserstuhl, 1870 - Basel, 1926).
2004: Francesco, brano di Mango, tratto dall'album Ti porto in Africa
2009: opera popolare contemporanea San Francesco d'Assisi, per pianoforte, orchestra e voci recitanti composta da Tiziano Albanese su testi di San Francesco, Dante, Tommaso da Celano.
2010: San Francesco brano dei Baustelle, tratto dall'album I mistici dell'Occidente
2011: "Preghiera al Crocifisso" per coro misto a quattro voci, Matteo Falloni (1969)
Note
^ Secondo Fonti Francescane, Edizioni francescane 1987 Editio minor, pg. XVII, nasce nel 1181, in estate o autunno.
^ "I primi testi in italiano che si segnalano per le loro qualità letterarie appartengono al XIII secolo: ilCantico di Frate Sole di san Francesco, scritto nel 1224 circa, e la lirica d'amore che fiorisce alla corte di Federico II (morto nel 1250)", in "Dal latino al volgare", Guglielmino-Grosser, "Il sistema letterario. Duecento e Trecento", Principato, 1987, pag. 71.
^ Secondo Fonti Francescane p. XVII, Ed, Francescane Editio minor, 1987 la nascita potrebbe però datarsi all'estate o all'autunno 1181
^ Alcune tra le principali agiografie scritte nel primo secolo dopo la morte di Francesco:
Leggenda perugina (anonimo);
Leggenda dei tre compagni;
Fioretti di San Francesco.
^ Tommaso da Celano, Vita Prima di San Francesco d'Assisi, parte I, cap. II; FF 323
^ Tommaso da Celano: Vita Seconda di San Francesco d'Assisi, parte I, cap. II, FF 586-587
^ Tommaso da Celano, Vita Prima di San Francesco d'Assisi, parte I, cap. IX; FF 356
^ Cannara risulta nelle trascrizioni iniziali dei Fioretti e in numerose fonti settecentesche (ad esempio la relazione sul Terz'Ordine Francescano dello storico Idaspe Pinquicetti, al secolo fra Giuseppe Cittadini del 1763 conservata negli Archivi del Sacro convento di Assisi oppure il Manuale dei Frati Minori pag. 8 Roma, 1776). Altri sostengono che si tratta invece di "Carnano" come risulta dagli studi sull'Archivio del Casato Baschi analizzato per la prima volta negli anni cinquanta dal prof. Marino Fioroni, ed oggi anche dal prof. arch. Paolo Marconi, dal prof. arch. Pier Luigi Venanzi
^ Cfr. Fonti Francescane, I Fioretti, edizione del 1846
^ Gli agiografi riportano inoltre un sogno avuto dallo stesso Papa quella notte: egli vide la Basilica del Laterano che stava per crollare, ed un uomo piccolo, povero e spregevole che la sosteneva sulle sue spalle. Questo sogno, insieme ad altri segni, convinse il Papa concedere un assenso alla regola
^ Questa chiesetta diventerà in seguito la chiesa madre dell'Ordine francescano.
^ Quest'ultima tesi è sostenuta, in particolare da Chiara Frugoni. Lo storico Franco Cardini tende ad escludere l'idea di missione, che si svilupperà invece a partire dal secolo successivo, e propone piuttosto di leggere la sua azione come un supporto alla crociata. Per entrambi gli autori, cfr. Franco Cardini, Francesco e il sultano. La storia e il messaggio, in Francesco d'Assisi, otto secoli di storia (1209-2009), Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, 2009, pag. 43-53
^ Si veda ad esempio la citazione di Oliger L. "Liber exemplorum fratum minorum", pagg. 88-89, in "La Via Francigena e l'idea di Crociata" Di Francesco Saverio Barbato Romano, Gianandrea de Antonellis, Corrado Gnerre pagg. 62-65.
^ (cfr. Marco Meschini, San Francesco e l'islam in Il timone, marzo 2007, pag. 22-24 [1]). La visita di Francesco al sultano è stata altresì vista anche come ricerca del martirio o interpretata come desiderio di testimoniare, senza imporre, la fede cristiana ai saraceni (cfr. Franco Cardini, Francesco e il sultano. La storia e il messaggio, in Francesco d'Assisi, otto secoli di storia (1209-2009), Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, 2009, pag. 43-53)
^ Alcuni sostengono che non abbia alcuna credibilità la tradizione della sfida all'ordalia (pur dipinta da Giotto nel ciclo d'affreschi della Chiesa Superiore della Basilica del Santo ad Assisi) proposta da Francesco per determinare quale delle due rispettive fedi - quella sua e quella del sultano - fosse quella autentica. Secondo costoro, infatti, la personalità di Francesco è totalmente antitetica rispetto a gesti pregni d'intrinseca violenza, tanto più assurdi in un contesto in cui al santo cristiano era evidentemente concesso di tentare di far proselitismo nei confronti della stessa persona di al-Malik al-Kāmil. A tal fine si ricordano però i rapporti di cavalleria instauratisi fra i capi crociati e quellimusulmani fin dal tempo di Saladino e di Riccardo Cuor di Leone nel corso della Terza Crociata, con una quasi-investitura tra l'altro a cavaliere riservata proprio ad al-Malik al-Kāmil dal re plantageneto. Cfr. Claudio Lo Jacono, Storia del mondo islamico. Il Vicino Oriente, Einaudi, Torino, 2003, p. 380.
^ Questo episodio è citato anche in diverse cronache contemporanee dei crociati (in particolare:Giacomo da Vitry, Lettera del 1220 sulla presa di Damiata; Cronaca di Ernoul, cap. 27; Bernardo il Tesoriere, La conquista della Terra Santa, 1229-1230; Storia di Eraclio, 1230)
^ Si veda al riguardo lo stesso Testamento di Francesco, in cui invitava a non allontanarsi mai dallaRegola che egli aveva scritto.
^ Tommaso da Celano, Vita Prima di San Francesco d'Assisi, parte I, cap. XXX
^ il 4 ottobre secondo il computo temporale medievale, che faceva iniziare il nuovo giorno al tramonto del giorno precedente.
^ Luigi Pellegrini, Francesco di Assisi in Enciclopedia Europea Garanti. Vol. V, pp. 17-18.
^ Per un elenco si veda la bibliografia. Per la cronologia, si è seguita quella pubblicata su Fonti Francescane, Editio minor.
^ Nell'ultima edizione delle Fonti francescane (2004) ad una sezione è stato attribuito infatti un titolo dedicato al legame tra storia e teologia. Cfr. anche Raoul Manselli. Le fonti per la storia di san Francesco d'Assisi e San Francesco d'Assisi nel dibattito storiografico, in Raoul Manselli. San Francesco d'Assisi. Editio Maior. Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 2002, pp. 15-71.
^ Cfr F. Cardini, "Francesco e il sultano. La storia e il messaggio", in "Francesco d'Assisi, otto secoli di storia (1209-2009)", Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, 2009.
^ "I fioretti" cap. XVI di San Francesco d'Assisi secondo la versione in Umbro volgare del XIV secolo conservata negli Archivi del Sacro convento di Assisi
^ questa tradizione è confermata da numerose fonti come la biografia sulla vita di San Francesco scritta da Tommaso da Celano "Vita prima S. Francisci Assisiensis" cap. XXI e da "I fioretti" cap. XVI secondo la versione in umbro volgare del XIV secolo conservata negli Archivi del Sacro convento diAssisi
^ M.Tosi Bobbio Guida storica artistica e ambientale della città e dintorni - Archivi Storici Bobiensi - Pag.98-100
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/San_Francesco_d%27Assisi
SAN FRANCESCO D'ASSISI FILM COMPLETO